Ci siamo lasciati la scorsa settimana con gli occhi “carichi di meraviglia”, come si dice a Napoli, dopo aver ammirato le bellezze del Museo della Certosa di San Martino. Siamo entrati dall’ingresso principale nel piazzale di San Martino e, passando per la chiesa, siamo arrivati all’Androne delle Carrozze. Lì ci siamo fermati a riprendere fiato, ma adesso possiamo proseguire il nostro viaggio in questa magnifica opera d’arte.
I sotterranei gotici
I sotterranei gotici sono l’unica parte dell’intera struttura a non essere stati stravolti dalle ristrutturazione e dagli interventi realizzati nel corso dei secoli. Sono il cuore della struttura originaria del Trecento, con una successione di pilastri e volte ogivali a sostegno dell’intera certosa.
Nei corridoi sono conservate ed esposte opere di varia datazione, dal medioevo al XVIII secolo.
Tra queste spiccano una splendida scultura di San Francesco, opera di Giuseppe Sammartino, e un’Allegoria velata, opera di un suo allievo, che richiama le più famose sculture presenti nella Cappella Sansevero.
La sezione presepiale del Museo della Certosa di San Martino
Le stanze che una volta erano utilizzate come cucine della certosa ospitano adesso una sezione dedicata all’arte presepiale. È la principale raccolta esistente in Italia. In quest’area spiccano alcuni pezzi in particolare per la loro bellezza e unicità. Possiamo ammirare un piccolissimo presepe inserito in un guscio d’uovo con minuscoli pastori e un esemplare di presepe in avorio, tutte donazioni di importanti famiglie al museo della Certosa di San Martino.
La particolarità che si nota subito è l’assenza totale di bambinelli. La maggior parte dei presepi sono stati privati del Bambin Gesù perché usati come “portafortuna” contro le calamità e rimasti quindi in possesso delle famiglie. Ogni qualvolta si verificava un evento funesto, il popolo napoletano si aggrappava alla speranza di superare indenne le avversità in un misto di religione e superstizione, in questo appoggiato spesso dal clero locale.
Siamo rimasti estremamente colpiti dalla bellezza di alcuni pezzi presenti all’interno della sezione presepiale. Alcuni di questi sono delle vere e proprie sculture, realizzate dal Sammartino, scultore particolarmente ammirato per la realizzazione della statua del Cristo Velato nella Cappella Sansevero.
Fotografia del tempo
Le statue dei pastori offrono una fotografia del look del popolo in quegli anni. Stiamo parlando del Settecento, periodo in cui i nobili erano soliti farsi ritrarre e immortalare con indosso gli abiti migliori o di rappresentanza, ma nessuno del popolo aveva ovviamente la possibilità di fare lo stesso. L’unico modo per vedere esattamente come ci si vestiva in quell’epoca è quello di osservare i vestiti delle statue del presepe, oltre che i dipinti di artisti quali Micco Spadaro, cronista figurativo dell’epoca.
Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro, era un vero e proprio cronista del suo tempo. Sono molte le opere di questo grande pittore che si possono ammirare nei locali del museo della Certosa di San Martino. Quando si voleva rappresentare un episodio storico, un evento in particolare, veniva chiamato a rappresentarne i particolari con uno dei suoi caratteristici dipinti.
Il presepe Cuciniello
Il presepe più importante della sezione è il Presepe Cuciniello, che raffigura in senso orario l’Annunciazione, la nascita di Cristo e i festeggiamenti del popolo napoletano, con le tipiche e caratteristiche osterie. La scenografia in cui è inserito rappresenta una grotta ed è dotato di un sistema di illuminazione che riproduce l’alternarsi del giorno e della notte, passando per l’alba e il tramonto. Il presepe prende il nome da Michele Cuciniello che donò la sua raccolta composta da circa 800 tra personaggi, animali e altri oggetti. Volle assistere di persona all’allestimento del presepe che fu inaugurato nel 1879.
L’apice dell’arte presepiale napoletana fu raggiunto tra il Settecento e l’Ottocento, ma sono molte le testimonianze antecedenti a questo periodo e presenti nel museo. Tra questi spiccano le figure superstiti di un ben più grande presepe in legno, realizzato nel Quattrocento da Pietro e Giovanni Alamanno e precedentemente conservato nella Chiesa di San Giovanni a Carbonara, e la Vergine puerpera in legno, realizzata nel Trecento.
Il Quarto del Priore
Nel Quarto del Priore, l’appartamento della guida spirituale dei monaci, non si può restare indifferenti alla bellezza dei soffitti affrescati, dei pavimenti e delle opere qui esposte.
Alcuni ambienti erano di rappresentanza e qui erano ricevute le personalità di maggior rilievo. Spicca tra le opere di maggior pregio un magnifico dipinto raffigurante il martirio di San Sebastiano, opera commissionata dai monaci certosini al pittore spagnolo Jusepe De Ribera (lo Spagnoletto, ndr) durante il suo soggiorno napoletano.
In uno degli ambienti è ospitata un’altra opera di grande importanza, la scultura della Madonna con Bambino e San Giovannino, realizzata nel Seicento da Pietro Bernini.
La cappella privata, di piccole dimensioni, è pavimentata con splendide maioliche colorate e la volta è completamente affrescata.
La scalinata che porta dagli appartamenti del Priore al suo giardino privato è un’opera architettonica di grande pregio e ingegno, costituita da due rampe che si incrociano e si separano, la cosiddetta scala a calicò, realizzata da Cosimo Fanzago.
Il Chiostro Grande
Il Chiostro Grande è molto spazioso e ampio, caratterizzato da un giardino centrale e un colonnato in stile classico. È dominato da un orologio con le lancette a forma di serpente e da una meridiana. In una delle sezioni del giardino si nota una zona recintata da una balaustra in marmo sormontata da sculture a forma di teschi. Uno in particolare è cinto da foglie di alloro. I teschi sono posizionati in onore di San Bruno, fondatore dell’ordine e raffigurato in genere con un teschio in mano.
Si tratta dell’unica tomba presente nella Certosa, appartenente ad un capitano di ventura a cui i monaci hanno voluto rendere omaggio per il suo sacrificio, seppellendolo nel giardino del chiostro.
I monaci, avendo tutti nobili e aristocratiche origini, alla loro morte venivano riportati nelle loro terre e seppelliti nelle tombe di famiglia. Questo è il motivo per cui non risultano altre sepolture nell’area della Certosa di San Martino.
Il Museo dell’Opera della Certosa di San Martino
Una menzione a parte merita il Museo dell’Opera, dove sono raccolti dipinti, busti, ritratti, marmi e maioliche, con una sala dedicata a Cosimo Fanzago. All’interno del museo sono conservate, tra le altre cose, il plastico del Duca di Noja raffigurante la Certosa di San Martino e Castel Sant’Elmo, i ritratti dei priori della Certosa, la Tavola Strozzi (dipinto attribuito a Francesco Rosselli e rappresentante una veduta di Napoli nel XV secolo e rinvenuta a palazzo Strozzi a Firenze nel 1901), alcuni dipinti raffiguranti la città di Napoli in diversi momenti storici.
Tra questi spicca “Il rendimento di grazia dopo la peste” del 1656 di Micco Spadaro, raffigurante gli alti prelati rifugiati nella Certosa per sfuggire all’epidemia.
Sin dal nostro ingresso alla Certosa di San Martino, siamo stati colpiti dalla bellezza. Non c’è angolo che non sia occupato da qualcosa da osservare e ammirare. L’occhio incontra di continuo, instancabilmente, qualcosa su cui poggiare la propria attenzione. Nel percorso di visita sono molti i punti da cui si può scorgere una magnifica vista della città.
Quando si volge lo sguardo lo spettacolo è incomparabile. La città di Napoli si stende come un velo fino al mare. E’ l’unico posto da cui si può godere di una vista a volo di uccello su tutta la città, dai Campi Flegrei al Museo di Capodimonte, passando per Posillipo, il Maschio Angioino, il porto e l’Osservatorio Astronomico.