A Napoli abbiamo una famosa espressione: “Nun sfruculià ‘a mazzarella ‘e San Giuseppe”.
Mai sentita?
Molto figurativa ed evocativa, viene detta quando si vuole invitare qualcuno a non abusare della pazienza di qualcun altro.
In parecchi se lo sono sentito dire dalle nonne da ragazzini, soprattutto in quelle occasioni in cui si era diventati troppo petulanti o insistenti su qualcosa.
Era il preludio a serie conseguenze se non la si smetteva subito.
Ma da dove arriva questo modo di dire?
È un detto che si perde nel tempo ed è una lunga storia.
Per raccontarla dobbiamo tornare indietro di qualche secolo.
Che cos’è la mazzarella di San Giuseppe
Innanzitutto, che cos’è la mazzarella di San Giuseppe?
E’ il bastone fiorito attribuito a San Giuseppe, sposo di Maria Vergine. Giuseppe era molto più grande di Maria ed essendo avanti con gli anni, non era insolito che portasse con sé un bastone a cui appoggiarsi per camminare.
Il bastone è interamente in legno e ornato di boccioli scolpiti.
La leggenda racconta, in una delle suggestive versioni, che il bastone fosse fiorito alla notizia della gravidanza di Maria.
Fu riconosciuto come autentica reliquia nel 1714 presso la Curia Arcivescovile di Napoli con un decreto del Vicario Generale, con l’apposizione sulla cima di un sigillo in ceralacca rossa.
Il bastone riporta, sempre in cima, uno stemma che rappresenta l’insegna dei Padri Carmelitani che lo avevano avuto in custodia, in una chiesa nella contea del Sussex in Inghilterra, fino al XIV secolo.
Storia della mazzarella di San Giuseppe
Pare che la reliquia sia arrivata in Inghilterra portata da Giuseppe da Arimatea durante il suo viaggio nel I secolo d.C..
I Padri Carmelitani erano in possesso di una serie di libri in cui erano riportati e registrati vari miracoli avvenuti nei secoli per opera della reliquia.
Alcune fonti attestano la pratica di esporre la reliquia per i fedeli già dal XIII secolo.
Successivamente fu trafugata dal Comandante Thompson, che aveva la direzione della Contea del Sussex. I Padri Carmelitani si offrirono di pagare una sorta di ingente riscatto pur di riaverla indietro, ma il comandante capì che il valore andava ben oltre quello economico, era uno strumento di controllo delle masse.
Negli anni che precedettero la Riforma Cattolica, il traffico, il furto e la vendita di presunte reliquie era prassi molto comune, in quanto strumento per attrarre e controllare le masse di fedeli. Questo fece sì che le reliquie ed i presunti miracoli ad esse associati si moltiplicassero smisuratamente. Non è raro che di una reliquia ne esistano differenti doppioni, tutti rivendicati come autentici. Infatti, il possesso del bastone appartenuto a San Giuseppe fu negli anni rivendicato da luoghi ed istituzioni differenti: le chiese di Santa Cecilia e di Santa Anastasia a Roma, il comune di Beauvais e la città di Annecy in Francia, Santa Maria degli Angeli a Firenze.
Ma questo fatto non fu causa di problemi per i fedeli.
Il bastone fiorito, in quanto reliquia, rappresentava la potenza del Santo e per i devoti il simbolo era molto più importante del fatto che la reliquia fosse autentica o meno.
L’arrivo a Napoli
In un’epoca non ben definita il bastone fu portato a Londra e rimase per diversi secoli di proprietà della nobile famiglia Hampden, che non dubitò mai della autenticità della reliquia, soprattutto dopo che un grosso incendio nel palazzo di proprietà della famiglia lasciò intatta soltanto la stanza in cui era custodito il bastone.
Nel 1712 il bastone arrivò a Napoli e fu esposto al pubblico a partire dal 1714.
L’arrivo nella città di Napoli si deve ad un noto cantante lirico dell’epoca, tale Giuseppe Grimaldi, meglio noto come Nicola Grimaldi.
Il giovane cantante, evirato come d’uso all’epoca, molto apprezzato per la voce dai suoi contemporanei, fu invitato a Londra e lì riscosse un notevole successo.
Non sono poche le storie legate al passaggio di proprietà della reliquia dalla Famiglia Hampden a Nicola, ma è un fatto che questi lo portò con sé e lo custodì nella sua casa a Napoli alla Riviera di Chiaia. Decise successivamente di esporlo al pubblico, dando la possibilità ai fedeli, il 19 Marzo, giorno della festa di San Giuseppe, di potersi avvicinare al bastone e di poterlo baciare.
Ed è qui che nasce il nostro famoso detto.
Non sfruculiare la mazzarella di San Giuseppe
Il fervore religioso dei fedeli li spingeva, oltre che a venerare e baciare il bastone, a staccare dei piccoli pezzi da portare a casa come minuscole reliquie. Nicola decise allora di mettere una persona a guardia perché vegliasse sul bastone quando i fedeli si avvicinavano.
Il guardiano in questione era un maggiordomo, di origini venete, che sollecitava i fedeli a non danneggiare la reliquia utilizzando un’espressione in napoletano, pronunciata con un marcato accento veneto, in cui sottolineava l’importanza di non sfregare il bastone. Da qui la nascita della nota espressione usata ancora ai giorni nostri.
Dove si trova adesso la mazzarella di San Giuseppe?
Alla morte di Nicola Grimaldi, la reliquia fu donata, dopo alterne vicende, dispute ed atti giudiziari, all’Arciconfraternita del Real Monte e Congregazione di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi, il 17 Gennaio 1795 con una solenne processione e lì è custodita ancora oggi in una teca in vetro.
La Confraternita compiva opere di beneficenza a favore dei poveri, attraverso la distribuzione gratuita di abiti, alla presenza del re e della famiglia reale. La distribuzione avveniva nella chiesa dove era custodito il bastone.
La nascita della Congregazione avvenne in un giorno di festa del 1734, almeno secondo la suggestiva storia tramandata fino ad oggi.
Tre gentiluomini napoletani si stavano recando a fare una gita sulle colline nei dintorni di Napoli, quando furono sorpresi da una forte ed incessante pioggia, che li costrinse a rifugiarsi nel chiostro dei Padri Carmelitani Scalzi, nell’edificio che adesso ospita il Museo Nazionale.
Avendo capito che il tempo non avrebbe permesso loro di fare la gita, decisero di comune accordo che il denaro destinato alla giornata sarebbe stato invece utilizzato per compiere un’opera buona, un atto di beneficenza.
Di lì a poco incontrarono un mendicante vestito di stracci a cui furono immediatamente procurati degli abiti, dando così inizio a una lunga tradizione di carità, già caratteristica della storia e della cultura napoletane.
Fondata ufficialmente nel 1740, crebbe così tanto negli anni, da arrivare a donare abiti ad oltre 600 poveri nel 1907, avendo avuto nel tempo il sostegno della Casa reale borbonica e successivamente di quella Savoia, oltre che della Chiesa.
La Congregazione ai giorni nostri
La Congregazione, trasformata adesso in Fondazione, sta vivendo un momento di rinascita e di nuova apertura, dopo un lungo periodo di oblio.
Ne approfittiamo per ringraziare sentitamente il sovrintendente, l’Avv. Ugo de Flaviis, per averci accolti ed aver fatto personalmente da Cicerone, mostrandoci le opere, le bellezze e i tesori, e per averci raccontato la storia della mazzarella di San Giuseppe e della Fondazione.
Sotto la sua guida illuminata, la mazzarella, per la prima volta dopo oltre 200 anni, è uscita dalla Campania, portata a San Pietro durante l’udienza generale del mercoledì del Papa lo scorso 30 giugno, accompagnata dallo stesso sovrintendente e da una rappresentanza di confratelli.
Inoltre, lo scorso 15 luglio, alla presenza del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, si è svolta l’inaugurazione del giardino settecentesco Hortus Conclusus. L’opera di restauro è stata conclusa grazie al contributo dell’Architetto Vargas ed è testimonianza del progetto di recupero e valorizzazione dell’importante patrimonio della Fondazione.
Al bastone e al giardino vanno aggiunti l’Archivio storico, la collezione di ritratti raffiguranti confratelli illustri e benefattori, l’Oratorio dei Confratelli, la Chiesa e la collezione di oggetti di arte sacra e di antiche reliquie.
Tutti tesori appartenenti alla Fondazione, che si spera possano essere presto recuperati ed esposti al pubblico per il riconoscimento che meritano.