In una città affacciata sulla costa non possono mancare le leggende legate al mare e alle creature che lo popolano.
Napoli, ovviamente, non è da meno.
È qui che si sviluppa una delle leggende più antiche non solo del Sud Italia, ma del Mediterraneo intero: la leggenda di Colapesce.
In realtà dovremmo dire: è anche qui, perché la leggenda di Colapesce è reclamata da molte città, oltre a Napoli, Messina e addirittura Bari. Ma ne esistono molte altre versioni nel resto del Mediterraneo.
Questa storia ha origini antichissime ed è citata anche da Benedetto Croce nel suo libro “Storie e leggende napoletane”.
Ogni versione raccontata è caratterizzata da aspetti differenti ed è molto difficile stabilire esattamente come si sviluppasse originariamente il racconto.
Chi era Colapesce?
Colapesce era un ragazzo di nome Nicola, detto Cola, che viveva a Napoli in epoca medievale, più precisamente al tempo di Federico II di Svevia, re di Sicilia e Imperatore del Sacro romano Impero.
Nicola viveva nella zona di Santa Lucia, di fronte all’isolotto di Megaride, cuore originario della Napoli antica.
Al ragazzo piaceva così tanto nuotare, che trascorreva ore e ore in acqua, scendendo anche in profondità. Al suo rientro amava raccontare le sue avventure e descrivere le bellezze che aveva potuto ammirare. In poco tempo fu così amato dagli abitanti della zona che cominciarono ad aspettarlo a riva per ascoltare i suoi racconti.
La madre, al contrario, non era molto contenta del passatempo del figlio ed un giorno, carica di rabbia e di frustrazione, gli inveì contro, augurandogli di tramutarsi in un pesce.
E così fu, Nicola si trasformò in una figura mitologica, metà uomo e metà pesce, con il corpo ricoperto di squame.
Da quel momento fu conosciuto col nome di Colapesce.
La fama di Colapesce
Colapesce continuò la sua vita in mare dedicandosi a ciò che più amava: le sue immersioni. Sono tante le imprese che gli sono state attribuite. C’è chi dice addirittura che in una delle sue nuotate nelle profondità marine fosse riuscito a raggiungere la Sicilia e a vedere cosa ci fosse sotto: l’isola sarebbe sorretta da tre grossi pilastri, di cui uno però in rovina e pieno di crepe.
Si racconta che per spostarsi più rapidamente si facesse inghiottire da grossi pesci e una volta raggiunta la sua meta aprisse loro la pancia con il suo coltello.
La fama delle gesta di Colapesce arrivò fino alla corte di Federico II che, incuriosito dai racconti su questo ragazzo così abile nel nuoto, volle incontrarlo.
Colapesce fu mandato a chiamare al cospetto dell’imperatore, che lo sottopose a una serie di prove sempre più difficili per testare le sue capacità.
La scomparsa in mare
Durante una di queste immersioni per recuperare oggetti preziosi che il sovrano gettava nelle profondità del mare, si trovò a un certo punto intrappolato e non riuscì più a risalire in superficie.
Alcune versioni della storia raccontano di un mare diventato duro come il marmo, una lastra rigida e infrangibile che gli impedì di tornare a galla.
Comunque sia andata, Colapesce non fece più ritorno. Da allora si racconta che se si osserva con attenzione la superficie del mare si può scorgere la figura del giovane Colapesce. Il ragazzo fa capolino per vedere se ancora c’è qualcuno che aspetta il suo ritorno per ascoltare i fantastici racconti delle sue avventure sottomarine.
Origine della leggenda
La storia di Colapesce avrebbe origine dai racconti legati al culto pagano dei cosiddetti Figli di Nettuno, sommozzatori in grado di trattenere il respiro in apnea. Erano dotati di poteri magici che acquisivano accoppiandosi con misteriosi esseri marini. Si dice anche che fossero aiutati dalla sirena Partenope, il cui nome era stato dato al nucleo originario della città di Napoli.
Che la leggenda avesse un’origine pagana è testimoniato anche dal legame tra la figura di Colapesce e un bassorilievo rinvenuto a Napoli e rappresentante Orione rivestito da una sorta di pelle con un coltello in mano.