Le Janare: le famigerate streghe di Benevento

Questo periodo dell’anno è caratterizzato da una forte energia, una forma di magia che pervade tutto quello che ci circonda. La causa è il progressivo assottigliarsi del velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti all’approssimarsi della notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre. Conosciuta come la notte di Ognissanti o, più commercialmente, come la notte di Halloween, è la notte più magica di tutto l’anno. È proprio in questa fase dell’anno, l’autunno, che si sentono sempre più vicine e reali alcune figure che caratterizzano il folklore locale. Più generalmente le streghe, con tutto il bagaglio di leggende legate alla loro esistenza.

Che ci si creda oppure no, è indubbio che in molti luoghi ci si prepari a vivere la magia di questo periodo con una certa aspettativa ed emozione.
Tra gli esseri magici e misteriosi che popolano i miti e i misteri della Campania, le Janàre occupano un posto speciale.

L’origine del mito delle janare


Il mito delle janare ha origine nella zona del beneventano, ma si è poi esteso ad altre zone della regione, in particolare in provincia di Caserta e a Napoli.
Benevento è da sempre considerato un luogo magico per eccellenza. Lì si racconta fossero solite incontrarsi le streghe sotto un grande noce per celebrare riti magici durante i sabba nelle notti di luna piena.

Il grande albero di noci era consacrato al dio germanico Odino ed erano soliti riunirsi al cospetto di questo albero, sin dal VI secolo, i Longobardi che si erano stanziati nella zona del beneventano.

Lì eseguivano riti pagani che prevedevano, tra le altre cose, che venisse appesa una pelle di caprone all’albero durante le celebrazioni. Questi elementi hanno dato origine nel tempo a molte delle credenze che legavano le donne accusate di stregoneria a riti pagani e a pratiche magiche. Tutto ciò incuteva paura e sconcerto nella rurale popolazione locale.

le janare

Il termine janare deriva da “Dianara“, cioè sacerdotessa di Diana, la dea italica della caccia, dei boschi e delle selve, protettrice delle donne e dei parti, delle fonti e dei torrenti e degli animali selvatici. Secondo la leggenda era una giovane vergine, abile nella caccia e amante della solitudine e dei luoghi isolati.
Proprio queste sono le caratteristiche principali delle janare, donne legate alla stregoneria, esseri solitari, donne dal carattere schivo e dagli atteggiamenti acidi e aggressivi. In perfetta unione con la natura, possedevano la conoscenza dell’occulto e delle arti magiche.

Chi erano le janare?


C’è chi le descrive mostruose come delle arpie, chi invece le disegna come donne dall’aspetto normale ma con alcune caratteristiche che tradiscono la loro vera natura.
Si racconta che fossero esperte nel trattare le erbe e che proprio grazie ad intrugli particolari riuscissero a preparare l’unguento che gli consentiva di diventare incorporee e di volare fino alle sponde del fiume Sabato per partecipare ai rituali magici di venerazione di Satana, spesso presente in forma di caprone o cane.
Si dice che le streghe di Benevento, dopo essersi cosparse con questo preparato, recitassero una cantilena che diceva “unguento, unguento, mandami al noce di Benevento, sotto l’acqua e sotto il vento, con ogni maltempo“.

Secondo la tradizione, le janare erano invidiose del benessere e della tranquillità altrui e cercavano di minarli con ogni mezzo. Non potendo avere bambini, scagliavano la loro frustrazione contro queste creature indifese. Pare che fossero le janare la causa di alcune malformazioni dei bambini. La leggenda dice che durante la notte le janare prendevano i bambini e li mettevano sotto il treppiede che era utilizzato nel focolare per reggere il calderone.

In genere si muovevano durante la notte e si intrufolavano nelle camere da letto e con il loro peso si sedevano sul petto di poveri malcapitati, dando loro una terribile sensazione di soffocamento. Di solito si nascondevano nelle stalle e rubavano i cavalli costringendoli a cavalcare fino allo sfinimento, portandoli spesso alla morte.
Il passaggio delle janare era testimoniato il giorno seguente dalla presenza di trecce nelle criniere dei cavalli.

Come fare per riconoscerle?

Nel 1486 fu pubblicato un testo che per secoli è stato considerato una vera e propria bibbia della caccia alle streghe, il Malleus Maleficarum, letteralmente il martello delle malefiche, cioè delle streghe. Il testo, scritto dai frati domenicani Kramer e Sprenger, tra le altre cose, spiegava come riconoscere le streghe e interrogarle in maniera efficace per portarle alla confessione. Nei decenni in cui questo testo fu utilizzato furono decine e decine le streghe che sotto tortura arrivarono a confessare di tutto. In molti casi le dichiarazioni erano coerenti e concordavano su alcuni elementi comuni. Tra questi c’è il racconto dei sabba che si tenevano a Benevento sotto un grosso albero di noci.


Per scoprire l’identità di una janara pare non fosse necessario estorcere confessioni, ma che ci fosse uno specifico ma semplice rituale: era sufficiente riempire un bicchiere di sale e lanciarne in terra una manciata recitando la frase “vieni per il sale“. A quel punto la donna si sarebbe presentata il giorno successivo per chiedere proprio un bicchiere di sale.
Un altro metodo era quello di recarsi alla messa la notte di Natale e osservare le donne all’uscita dalla chiesa: le ultime a uscire erano sempre le janare. In forma umana, presenziavano alla celebrazione più importante della cristianità.

Come difendersi dalle janare?

Il punto debole delle janare pare fossero i capelli: era possibile fermarle tenendole per i capelli, ma era necessario recitare specifiche frasi, altrimenti si sarebbero potute liberare e vendicare.
Una volta bloccata per i capelli la strega avrebbe chiesto “che tieni in mano?” E la risposta giusta era “ferro e acciaio“.
Si racconta che chiunque fosse riuscito a prenderla per i capelli nella sua forma incorporea sarebbe stato protetto e benedetto fino alla settima generazione, in cambio della libertà della strega.

Per proteggersi dalle janare si dice che bastasse mettere fuori la porta di casa, durante la notte, un sacco pieno di sale oppure una scopa di saggina capovolta. Pare che le janare non potessero resistere alla tentazione di contare tutti i chicchi di sale e tutti i fili della scopa. Entrambe le attività richiedono molto tempo e questo dava la possibilità di tenerla impegnata fino alle prime luci dell’alba, quando la strega era costretta a fuggire dalla luce, sua acerrima nemica.

E ai giorni nostri?

Ai giorni nostri non si parla più di calderoni, sabba e unguenti. Non si accusa più alcuna donna di stregoneria, ma il mito delle janare è ancora vivo e sentito, soprattutto in alcuni luoghi.
Tutt’ora, se durante la notte si avverte un senso di soffocamento e di oppressione sul petto, in Campania si da la colpa alle janare. Non sappiamo se esistano davvero ma, nel dubbio, lasciate anche voi un sacchetto di sale davanti la porta della camera da letto!

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Angelica Perrottahttp://www.enjoyitalygo.com
Angelica Perrotta: Molto curiosa, amante degli animali ed appassionata di viaggi. Cerco di coniugare pregresse esperienze con recenti passioni: Laurea in Lingue e Letterature Straniere, lunga esperienza nel settore alberghiero ed una recente passione per il Digital Marketing. Il mio motto è “Always on the move”.

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