Pasqua a Napoli: un’associazione che ci proietta subito in una dimensione di festa, famiglia, cibo…tanto cibo.
È così, ai napoletani piace mangiare e festeggiare, oltre a trascorrere tanto tempo con famiglia e amici. Ogni occasione è buona per ritrovarsi attorno a un tavolo per gustare piatti in allegria.
E a Pasqua sicuramente non sono da meno.
Ogni famiglia ha le sue tradizioni, ma c’è una cosa che proprio non può mancare: la pastiera. Dal mercoledì precedente la Pasqua, mamme, nonne, zie, cugine, si ritrovano per ore e ore in cucina a prepararne per tutta la famiglia, spesso anche per amici e colleghi.
In quegli stessi giorni, girando per la città, ci si ritrova avvolti in una nuvola di profumi che fanno venire immediatamente l’acquolina in bocca.
Dai laboratori di pasticceria fuoriesce questo aroma di fiori d’arancio e di millefiori, inconfondibili profumi di primavera, utilizzati per la preparazione della pastiera, “colpevoli” di quel profumo e di quel sapore che la rende unica.
Tutto il nostro corpo reagisce agli stimoli e non possiamo fare a meno di assaggiarne almeno una fetta.
Il primo morso dà una sensazione immediata di euforia, una sorta di aspettativa di qualcosa che arriverà, associata ad un senso di rinascita e di rinnovamento.
Le nostre tradizioni, soprattutto quelle culinarie legate alle varie festività, ci accompagnano in questo movimento ritmico della ruota dell’anno, lasciandoci ricordi indelebili carichi di gioia.
La pastiera non è l’unica cosa che viene preparata in questi giorni di Pasqua, a dire il vero, ma molti hanno un legame speciale con questo dolce. E comunque, a tradizione napoletana ci regala sempre tante soddisfazioni tutto l’anno, con piatti ricchi di sapore e profumo.
Pastiera, storie e leggende
Il convento di San Gregorio Armeno
La pastiera ha una storia un po’ particolare, legata alle sue origini, e non solo, e ad alcune suggestive leggende.
La sua nascita viene attribuita alle sapienti mani di una suora ospite del convento di San Gregorio Armeno nel XVI secolo.
Pare che la suora volesse preparare un dolce che fosse adatto a esprimere il simbolismo della Pasqua attraverso una serie di ingredienti che rappresentano la rinascita, la ricchezza, come le uova, la ricotta, il grano.
Le pastiere, contrariamente a quanto si crede, non erano preparate per i poveri della città, ma erano destinate come omaggio alle ricche famiglie nobili e borghesi.
La pastiera e i Borbone
La storia della pastiera è legata anche a Maria Teresa d’Austria, moglie di Ferdinando II di Borbone, nota per il suo carattere cupo e poco sorridente.
Pare che il re un giorno di Pasqua avesse insistito per farle mangiare una fetta di pastiera e che, dopo molte insistenze, la regina lo avesse accontentato.
Dopo il primo morso la sua tristezza scomparve e sul suo volto si stampò un sorriso.
Come darle torto? Ammettiamo, tutti noi sorridiamo quando assaggiamo qualcosa che ci piace.
Le mogli dei pescatori
Due sono le leggende più conosciute che raccontano la nascita della pastiera.
La prima ci riporta alla Napoli dei pescatori e allo stretto rapporto della città con il suo mare.
La storia racconta che un giorno un gruppo di donne che aspettavano i propri mariti di ritorno dal mare, per ingraziarsi il loro ritorno sani e salvi, portarono sulla spiaggia una serie di doni.
Tra questi, grano, uova e ricotta.
Il mare, apprezzando il gesto, li mescolò e li restituì alla riva.
Il giorno seguente le donne andarono in spiaggia ad accogliere i pescatori e trovarono al posto dei doni un dolce, la pastiera appunto.
La sirena Partenope
Un’altra leggenda affonda nelle origini pagane della città e si ricollega alla leggenda legata alle sue origini.
Si racconta che la sirena Partenope avesse trovato rifugio nel Golfo di Napoli e che allietasse la città con il suo canto melodioso, per ringraziare dell’accoglienza.
I cittadini, ammaliati dal suo dolce canto, decisero di omaggiarla con 7 prodotti, ognuno con un simbolo differente.
- Ricotta, simbolo di abbondanza
- Uova, simboleggianti la rinascita e la vita
- Zucchero, in omaggio alla dolcezza del canto della bella sirena
- Grano, cotto nel latte, a rappresentazione dei regni animale e vegetale
- Fiori d’arancio, simbolo dei profumi della regione
- Spezie, come omaggio ai popoli lontani
- Farina, simbolo di ricchezza
Furono scelte sette fra le più belle fanciulle di sette villaggi che avevano il compito di portare questi doni alla sirena.
Partenope gradì molto il dono e portò agli dei in fondo al mare i sette ingredienti, che furono mescolati e restituiti alla città sotto forma del famoso dolce.
La tradizione delle sette strisce sulla pastiera
La tradizione napoletana attribuisce un valore specifico al numero sette, che rappresenta non solo i doni per la sirena Partenope, ma anche il centro della città stessa.
Infatti è d’obbligo posizionare sul ripieno sette strisce di pasta, tre in un verso e quattro nell’altro, in modo da formare dei rombi.
Le prime tre strisce rappresentano i Decumani della città, superiore, maggiore e inferiore, le altre quattro i Cardi, cioè i vicoli che collegano i decumani.