Innanzitutto…che cos’è un kibbutz?
Di Angelica Perrotta
Kibbutz è un termine ebraico che significa letteralmente “comune/riunione”. Si tratta di comunità agricole a gestione comune nate dall’associazione volontaria di lavoratori.
Il concetto di kibbutz ruota intorno alla proprietà collettiva ed alla gestione comune e socialista del lavoro e dei suoi frutti. I suoi membri sono considerati tutti uguali e hanno l’obbligo di lavorare per la comunità, ricevendo in cambio non denaro, bensì i frutti del lavoro comune.
Inizialmente i kibbutzim si occupavano essenzialmente di attività agricole ma nel tempo hanno sviluppato anche progetti manifatturieri e successivamente più complessi.
Il primo kibbutz fu Degania, sorto nel 1909 nei pressi del Lago di Tiberiade, in seguito altri 273 furono costituiti in tutta Israele.
Molti di questi nel tempo hanno modificato la propria struttura, adeguandosi al cambiamento dei tempi, diventando meta di turisti e di attività di volontariato. Ma non è solo in Israele che si sono sviluppati.
Il Kibbutz Mechor Baruch
Tra il 1945 ed il 1946 un gruppo di circa 90 ebrei fondò un kibbutz a Bacoli, in provincia di Napoli.
Il gruppo era costituito da giovani ebrei superstiti provenienti dai campi di concentramento di Auschwitz, Bergen Belsen, Mauthausen e Buchenwald.
Il trasferimento era stato organizzato dal Mossad LeAliyah Bet, organizzazione che gestiva l’immigrazione clandestina per raggiungere Eretz Yisrael, la Terra Promessa.
Questo gruppo viaggiò in treno stipato in carri bestiame e raggiunse il luogo dove era stata individuata una struttura per accoglierli.
Si trattava di una villa sul mare in località Casevecchie di Bacoli che il Ministero della Guerra aveva sequestrato alla famiglia del fascista Michele Scalera, adattata per ospitare il gruppo di ebrei nell’attesa di proseguire il viaggio.
Il governo britannico, che occupava militarmente l’Italia, vietava l’immigrazione ebraica verso la Palestina. Era pertanto fondamentale individuare una zona che non fosse presidiata e che desse la possibilità di raggiungere facilmente le navi ancorate al largo.
Il gruppo di profughi si ambientò subito, dando vita al Kibbutz Mechor Baruch.
Trascorsero un lungo periodo di tranquillità e serenità, dopo le sofferenze ed i dolori patiti durante la prigionia nei campi di sterminio.
Strinsero amicizia con i giovani del luogo e si integrarono perfettamente nella piccola località di mare. Alcuni impararono a parlare italiano e a nuotare. Qualcun altro imparò a pescare e a riparare barche.
La sala più grande della villa fu decorata ed adibita a sinagoga e vi furono celebrati anche due matrimoni.
Gli abitanti di Bacoli collaboravano con la comunità; vi era ad esempio un giovane che tra le altre cose dava assistenza durante lo Shabbat, occupandosi di accendere e spegnere le luci il sabato.
La partenza
La permanenza si sapeva sarebbe stata temporanea e venne ben presto il momento della partenza.
Un primo gruppo partì all’alba del 6 agosto del 1946 e giunse dieci giorni dopo a destinazione sano e salvo a bordo della goletta francese Ideros.
Fu il primo sbarco clandestino andato a buon fine.
Il secondo gruppo fu prelevato senza preavviso da camion militari americani e trasportato fino in Liguria per imbarcarsi.
Purtroppo non furono altrettanto fortunati. Intercettati al largo delle coste, la nave fu dirottata a Cipro e i profughi ospitati in dei campi da cui furono progressivamente rilasciati e condotti in seguito in Palestina.
Trent’anni dopo, un gruppo di ebrei che aveva vissuto a Bacoli è voluto tornare nel luogo che per molti mesi era stata una seconda casa, piena di cari ricordi, il luogo dove avevano vissuto finalmente sereni dopo l’orrore della guerra.
Angelica Perrotta: Molto curiosa, amante degli animali ed appassionata di viaggi. Cerco di coniugare pregresse esperienze con recenti passioni: Laurea in Lingue e Letterature Straniere, lunga esperienza nel settore alberghiero ed una recente passione per il Digital Marketing.
Il mio motto è “Always on the move”.