Nel 1959 il grande Eduardo De Filippo scrive ed interpreta una delle sue migliori commedie, Sabato, Domenica e Lunedì, la cui storia si sviluppa intorno ad un litigio familiare scaturito durante un pranzo domenicale a base di ragù napoletano.
A Napoli la domenica è sempre stato un giorno importante e speciale, quasi una festa da celebrare rigorosamente in famiglia.
Come tutti i giorni di festa, il menu deve essere all’altezza della circostanza. E cosa c’è di meglio in un giorno di festa che preparare il re dei piatti della tradizione culinaria napoletana, o’rraù?
Nella commedia si dà ampio spazio a questo piatto ricco e saporito ed alla sua preparazione.
Addirittura Eduardo arriva a dedicargli una poesia (O’ rraù), successivamente messa in musica e cantata da Roberto Murolo e Pino Daniele, due pilastri della musica napoletana.
La commedia viene ripresa nel 1990 da Lina Wertmüller che realizza un bellissimo film, con protagonista la grande ed immensa Sophia Loren, che in una scena si confronta con altre donne sulla vera ricetta del ragù, arrivando quasi a scatenare una vera e propria rissa. Una scena davvero esilarante.
Tradizione culinaria napoletana
Il termine ragù deriva dal francese ragoût, che si riferisce ad un tipo di cottura di carne simile allo spezzatino.
Come già sottolineato, è una delle ricette più importanti della tradizione culinaria napoletana. Una vera e propria istituzione, un simbolo che rappresenta la festa, la domenica, la famiglia.
Normalmente con il sugo del ragù napoletano si condisce la pasta e con la carne, spesso accompagnata da un contorno di friarielli, si fa il secondo. Se vi state chiedendo cosa sono i friarielli, no, non sono le cime di rapa. I friarielli sono friarielli, punto e basta. Meritano una storia a parte.
Come una storia a parte merita il cozzetto di pane da tuffare nel piatto per recuperare i residui di sugo e che molti usano per fare un panino con la carne condita con il ragù ed i friarielli. Una vera e propria delizia per il palato.
Per ogni ricetta tradizionale, ogni famiglia ha la propria versione, che viene ritenuta l’unica attendibile. Ovviamente, come per la ricetta, anche la preparazione da parte della propria madre, zia o nonna è unica ed inimitabile. Ogni famiglia ha in seno un’esperta di ragù che non ha eguali.
C’è chi lo prepara solo con carne di manzo e chi utilizza un misto di carne di manzo e carne di maiale.
Origini del ragù
Una leggenda racconta che nel Trecento a Napoli la Compagnia dei Bianchi di giustizia, che percorreva la città invitando tutti alla pace ed alla misericordia, si imbatté in un ricco signore che abitava nel Palazzo dell’Imperatore, antico palazzo tuttora esistente in via Tribunali, eretto nel XIII secolo come abitazione di Filippo d’Angiò, principe di Taranto ed Imperatore di Costantinopoli. Quest’uomo era pieno di odio e di rancore e si rifiutò di rappacificarsi con i propri nemici. La moglie per intenerirlo gli preparò un piatto di maccheroni che, per intervento della provvidenza, si riempì di un liquido rosso sangue. L’uomo, colpito dal prodigio, tornò sui suoi passi e si unì alla compagnia. La moglie preparò ancora i maccheroni e, come per magia, di nuovo il piatto si riempì di un sugo rosso sangue, profumato e saporito. L’uomo diede a questo piatto il nome di raù, dal nome del suo bambino Raùl.
La leggenda è molto suggestiva, ma non bisogna dimenticare un particolare fondamentale e cioè che il pomodoro arrivò in Europa molto tempo dopo la scoperta dell’America che, sappiamo bene, risale al 1492.
Preparazione secondo tradizione
Come recita la poesia di Eduardo, il ragù napoletano non è “la carne c’ ‘a pummarola”, non è semplicemente della carne cotta nel sugo di pomodoro.
Deve essere cotto su di una forcella a carbone e cuocere per almeno sei ore in un tegame di rame e va rimestato con la cosiddetta cucchiarella, il cucchiaio di legno.
Per la preparazione sono inoltre fondamentali pazienza, cura e amore. Senza questi tre preziosi ingredienti la ricetta non può avere successo.
Il vero ragù napoletano è fatto di tre momenti fondamentali:
– una prima fase in cui si soffriggono le cipolle e si aggiunge la carne, che deve rosolare
– una seconda fase in cui si aggiunge il vino e si cuoce la carne a fuoco lento fino all’evaporazione del vino
-una terza fase in cui si aggiunge il sugo di pomodoro e si fa cuocere
Ma il momento più importante, quello che trasforma la semplice carne col pomodoro in vero ragù napoletano, inizia ora.
Inizia con il fuoco basso, il coperchio della pentola messo di sbieco tra la pentola ed il cucchiaio di legno ed una cottura lenta, lentissima, fino a sei ore. E’ qui che avviene il miracolo, quando il sugo si addensa e si scurisce e la carne diventa così tenera da sfaldarsi ed il profumo si spande per tutta la casa.
Durante questo momento magico si sente il caratteristico pippiare della pentola, quel lento sobollire che porta delle piccole bolle d’aria a salire in superficie e che, esplodendo, riproducono un suono simile a quello che emette chi fuma la pipa quando tira una boccata di fumo.
Pura poesia.