Non si può visitare Napoli senza mangiare uno dei piatti più famosi della tradizione culinaria partenopea: la pizza.
La città ne offre di tutti i tipi e per tutti i gusti. Molto apprezzata è la versione “a portafoglio”, nota soprattutto tra gli studenti e i napoletani in pausa pranzo, per il costo piuttosto contenuto e la possibilità di consumarla rapidamente anche in strada mentre si passeggia o ci si sposta da un luogo ad un altro. Si tratta di una pizza tonda, di dimensioni più piccole del normale e che si può piegare e ripiegare su se stessa per poterla mangiare comodamente senza sporcarsi di pomodoro. Una vera delizia per il palato e per lo stomaco.
Ma quali sono le origini di uno dei piatti più conosciuti al mondo?
Le origini della pizza napoletana
Le prime testimonianze del temine “pizza”, famoso in buona parte del globo terraqueo e adottato in almeno 60 lingue diverse, si riscontrano nell’area dell’Italia centro-meridionale intorno all’anno Mille.
Etimologicamente il termine ha un’origine molto più antica e potrebbe derivare da “pita”, il tipico pane schiacciato originario di un’area compresa tra Grecia e Medioriente.
Al di là del lungo percorso di evoluzione, la pizza come la conosciamo più o meno oggi potrebbe aver avuto grande diffusione all’interno delle mura partenopee come cibo da strada. Siamo intorno al 1720, quando si vedono comparire i primi dischi fatti di pasta condita con del pomodoro.
Le prime cronache che ne fanno menzione risalgono a circa la metà dell’Ottocento. Una delle cronache più famose è quella di Alexander Dumas, che aveva avuto occasione di provarla durante il suo grand tour che toccò Napoli nel 1835.
Ma i ricettari dell’epoca, probabilmente per la sua destinazione di carattere molto popolare, praticamente non la menzionano tra i piatti tipici della tradizione.
Il successo della pizza napoletana
È nel 1889 che nasce la pizza napoletana come la intendiamo oggi, per opera del pizzaiolo Raffaele Esposito che decide di onorare Margherita di Savoia, Regina d’Italia, realizzando una pizza con gli stessi colori della bandiera d’Italia. È nel condimento di questa pizza che ritroviamo i colori verde, bianco e rosso: basilico fresco, mozzarella, pomodoro, con aggiunta di sale ed olio extravergine.
Da questo momento il successo della pizza non conosce confini e nel 1905 si apre la prima pizzeria negli Stati Uniti, a New York; ma il vero picco inizia nel secondo dopoguerra.
Il 5 febbraio 2010 l’Unione Europea la riconosce come Specialità Tradizionale Garantita (STG) e nel 2017 l’UNESCO dichiara l’arte del pizzaiolo napoletano Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
Il segreto è nella ricetta
La stretta tradizione individua due varianti di pizza napoletana:
- Marinara, condita con pomodoro, aglio, origano e olio
- Margherita, condita con pomodoro (alcuni ritengono debba essere di qualità San Marzano), olio, basilico e mozzarella
Ma nel 1984 Antonio Pace e Lello Surace decidono di riunire i più famosi pizzaioli napoletani dell’epoca per codificare le regole fondamentali per riconoscere la Vera Pizza Napoletana.
Danno vita al Disciplinare Internazionale dell’Associazione Vera Pizza Napoletana, un insieme di regole accuratamente codificate, fino a quel momento tramandate da generazioni di pizzaioli solo oralmente, per realizzare una pizza napoletana secondo l’antica tradizione.
Regole di base per una pizza napoletana secondo la tradizione
La pasta per la pizza deve essere prodotta con un impasto simile a quello per fare il pane, quindi con farina di grano tenero 00. Deve essere morbido ed elastico, lasciato lievitare a lungo, per almeno 8 ore, per fargli sviluppare molta anidride carbonica. Deve poi essere steso a mano senza toccare i bordi, dandogli la caratteristica forma a disco, che non deve superare i 35 cm di diametro. In cottura il bordo formerà il tipico “cornicione” gonfio e privo di bruciature e la pasta al centro non dovrà essere più alta di circa 3 mm. Il forno, rigorosamente a legna, deve avere una temperatura tra i 430 ed 480 gradi e il tempo di cottura è tra i 60 ed i 90 secondi. Deve infine uscire dal forno umida e soffice, ma non troppo cotta. Queste le regole generali di preparazione.
Ma il Disciplinare non si ferma alle semplici regole di preparazione dell’impasto e della cottura, va oltre e regolamenta e codifica una serie considerevole di aspetti. Tra questi: la manipolazione, i prodotti da utilizzare, l’aroma olfattivo, il gusto e l’armonia e i valori nutrizionali.
Potremmo spendere ore e ore a elencare le regole per la realizzazione di una vera pizza napoletana secondo tradizione, ma non ci sarebbe soddisfazione in un mero elenco di codici.
La vera soddisfazione è mangiarla…a Napoli. Buon appetito!